Starnuti, naso che cola, occhi arrossati e prurito a naso o occhi? Per sette persone su dieci la colpa è delle graminacee,una famiglia di piante che comprende riso, frumento e mais. Questa famiglia di piante erbacee è largamente diffusa in Italia e conta, oltre a quelle nominate, ben 9500 specie diverse. In aggiunta, una sola spiga è in grado di produrre da sola circa sette milioni di granuli di pollini. Non stupisce, dunque, che secondo dati SIAAIC, la Società Italiana di Allergologia Asma e Immunologia Clinica, il 70% delle allergie nel nostro Paese sia da attribuire alla presenza dei pollini di graminacee.
Nei casi più gravi, oltre ai classici sintomi di una allergia (che comunque possono già da soli impattare molto sulla qualità della vita e sulla produttività sul posto di lavoro, come dimostrato da numerose ricerche), si può arrivare anche a sviluppare sinusiti, disturbi del sonno e asma.
Per combattere l’allergia alle graminacee (ma anche molti altri tipi di allergia) un’arma però esiste: l’immunoterapia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce infatti da più di dieci anni l’utilità dell’immunoterapia specifica, anche chiamata (in maniera impropria ma molto diffusa) vaccino antiallergico, e ne consiglia l’impiego.
L’immunoterapia specifica è infatti l’unico trattamento in grado di condurre alla remissione della patologie o alla guarigione dall’allergia, poiché agisce sulle cause della allergia e non solo sui sintomi, come avviene per i farmaci antiallergici.
A confermarlo è anche Giorgio Walter Canonica, Presidente SIAAIC e Direttore della Clinica di Malattie dell’Apparato Respiratorio e Allergologia Di.M.I. IRCCS San Martino Genova, che spiega: “L’immunoterapia specifica consiste nella somministrazione ripetuta di estratti allergenici al paziente sensibilizzato per quell’allergene. Lo scopo è quello di ridurre nel tempo la risposta immunologica. Nella fase iniziale della terapia si procede con la somministrazione dell’allergene in dosi via via crescenti, sino a raggiungere un dosaggio di mantenimento”.
Numerosi studi scientifici, inoltre, hanno dimostrato che non solo l’immunoterapia specifica è utile per ridurre o eliminare i sintomi di una allergia presente ma che è anche in grado di ridurre il rischio di comparsa di nuove sensibilizzazioni ad altri allergeni.
Oltre 300 esperti provenienti da tutto il mondo si sono riuniti a Copenhagen in occasione del 33esimo congresso annuale della European Academy of Allergy and Clinical Immunology (EAACI, l’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica), dal 7 all’11 giugno 2014.
Il congresso da occasione ai maggiori esperti mondiali di presentare gli ultimi progressi nello studio delle allergie. Tra le ricerche presentate, segna un passo importante lo studio realizzato dal Centro di Biotecnologia e Genomica delle Piante dell’Università Politecnica di Madrid, che ha analizzato la capacità del principale allergene della pesca, la proteina Pru p 3, di attraversare la barriera intestinale. L’analisi potrebbe essere di aiuto per spiegare la sua elevata capacità allergenica e la sua rapida diffusione nell’organismo, allo scopo di offrire migliori trattamenti.
“I risultati ottenuti con questo studio rappresentano un progresso nella delineazione dell’importanza rivestita dalla Pru p 3 come agente sensibilizzante, consentendoci di comprendere meglio come si scatenano le allergie alimentari e, dunque, di sviluppare trattamenti specifici” ha spiegato Cristina Gómez Casado, principale autrice dello studio.
Tra gli altri studi presentati, anche uno studio del Copenhagen Prospective Studies on Asthma in Childhood (COPSAC) sulla prevenzione precoce dell’asma che rivela come conoscere il momento in cui si verifica un deterioramento della funzionalità dei polmoni è di fondamentale importanza per la prevenzione di malattie respiratorie come l’asma, una patologie che colpisce il 5% della popolazione. Lo studio, condotto su 341 bambini di età compresa tra le quattro settimane e i sette anni mostra che i primi tre anni di vita sono fondamentali in termini di perdita della funzionalità polmonare legata all’insorgenza di asma.
“I dati dello studio” spiega il professor Hans Bisgaard, membro del COPSAC “indicano che la ricerca futura dovrebbe concentrarsi sui primi tre anni di vita del paziente, poiché è questo il periodo critico in cui si sviluppa il deficit della funzionalità polmonare correlato all’asma”.
Il programma del Congresso ha previsto inoltre numerosi altri interventi. Per saperne di più è possibile visitare il sito web www.sessionplan.com/eaaci2014.
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