“Può contenere tracce di” sono parole che possono fare paura se a leggerle è una persona con allergie alimentari che sta consultando l’etichetta di un alimento. Cosa significa “tracce di”? Sarà pericoloso per la mia salute?
Sino a poco tempo fa i livelli soglia non erano ancora stati determinati per la maggior parte degli allergeni alimentari, anche a causa del fatto che la pericolosità di un alimento è fattore molto soggettivo che può cambiare da soggetto a soggetto. Proprio per questo non sono stati fissate dalle leggi in vigore (come il Decreto Legislativo 8 febbraio 2006, n.114 poi modificato dalla Direttiva 2007/68/CE della Commissione del 27 novembre 2007) soglie di pericolosità per le regole di etichettatura dei cibi (tranne che per l’anidride solforosa e i solfiti, la cui presenza deve essere segnalata in etichetta solo se in concentrazione superiore a 10 mg/kg o 10 mg/l).
Ora però uno studio della Università di Manchester pubblicato sulla rivista scientifica “Journal of Allergy, Asthma and Clinical Immunology” ha individuato nei principali alimenti allergenici le quantità minime in grado di scatenare una reazione allergica.
I ricercatori, coordinati dalla professoressa Claire Mills, hanno raccolto dati relativi ad oltre 400 persone che avevano accettato i partecipare al progetto Euro Prevall per il monitoraggio delle allergie alimentari. Ai partecipanti sono state somministrate piccole dosi di vari alimenti (come arachidi, nocciole, sedano, pesci e molluschi) per valutare la presenza di reazioni allergiche in relazione alla quantità di prodotto ingerito.
Secondo i dati raccolti, quantità variabili da un minimo di 1,6 e un massimo di 10,1 milligrammi di nocciole sono in grado di scatenare reazioni allergiche nel 10% dei soggetti. Per il pesce, invece, la soglia di pericolosità è di 27,3 milligrammi mentre per quanto riguarda i gamberetti a soglia è risultata essere addirittura di 2 grammi e mezzo.